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Paideia, numero 42-43

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Anche in questo numero la rivista Paideia (giunta ormai al ventiduesimo anno) si conferma tra le più complete e attente e magistralmente dirette del panorama nazionale. Merito è dell'instancabile Francesco De Napoli acuto cucitore di memorie e di orizzonti che sa ben intrecciare analisi critiche, testimonianze ricordi di autori e critici valenti. Come nel caso di Emerico Giachery, ad esempio, col quale il numero si apre nella preziosa interrogazione sulla capacità di trasmettere adeguatamente nella lettura vocale il modo di sentire un testo. Richiamando dapprima l'attenzione sulla importanza fondamentale del significante, dei valori fonici e ritmici lo studioso romano invita a riflettere su una "previa consapevolezza critica" del testo nella "interpretazione-esecuzione anche vocale di un testo poetico". Testo che innanzi tutto bisogna amare lasciandosi anche guidare nella lettura dall'emozione ma senza farsi sopraffare affidandoci a "quella trasmissione silenziosa che assomiglia alla cosiddetta o alla telepatia". Lezione altissima cui nelle pagine seguenti Francesco De Napoli dedicherà valenti analisi a proposito de Passione e sintonia. Saggi e ricordi di un italianista (Carocci Editore, 2015) in cui Giachery stesso si definisce, più che critico, interprete nel conferire al testo "vita attuale e presenza". Segue l'analisi della raccolta di Pasquale Maffeo Nostra sposa la vita. Tutte le poesie (Caramanica Editore, 2010) in cui De Napoli inserisce la figura del grande anglista nella linea della grande tradizione poetica e letteraria meridionale di ogni tempo (dalla Morra a Quasimodo passando per Di Giacomo, Eduardo, Gatto, Sinisgalli, Fallacara, Viviani, tanto per fare dei nomi) analizzandone la poetica e ricollegandola a quell' origine orfica della poesia tanto radicata nella Magna Grecia e bilanciata in due distinti livelli, la condivisione immediata di fermenti e sollecitazioni da una parte e dall'altra "una consapevole posizione d'attesa sulla soglia della percezione oggettiva e sensibile". Il quadro che ne esce allora è quello di un intellettuale ben vivo "tra riserbo e impegno, tra senso della misura e prodiga militanza" in cui la vita abbracciata e intesa nella sua tensione all'unione- vedi di qui il titolo del volume- di fatto si trasforma in questi versi, nel canto, in condivisione di sofferenza e insieme di luce e libertà nell'intima familiarità di un mistero più alto. È la volta poi di Maria Lenti la cui attenzione alla poesia di Giarmando Dimarti riporta alla luce la singolarità di una scrittura "sulla scia di autori italiani i quali, almeno dalla fine del secolo passato, sperimentali o meno, hanno tenuto come punto fermo di lasciare al passato i leopardismi (ma non il Leopardi della Ginestra) e pascolismi e hanno indicato una strada di sovvertimento, di conferma della necessità di una scrittura per tempi nuovi, di sconferma dunque del lirismo". Dimarti, secondo la Lenti, arriva allora a scavalcare l'amata lezione di Luzi- a proposito "della sfaldatura della coscienza civile"- ripartendo al giro del millennio proprio dalla "insistenza espressionistica della sfilettatura di quella coscienza" per l'acquisizione di nuovi valori da acquisire. Nel consueto omaggio ad autori che ci hanno lasciati particolarmente sentito è invece il ricordo di Adam Vaccaro di Mario Lunetta e Francesco Leonetti. Partendo da memorie personali Vaccaro tratteggia caratteri e incisi dei due autori rimarcandoli nella presenza autorevole di intellettuali solidi, vivi proprio all'interno della crisi di questo ruolo all'interno di un contesto, sopratutto quello degli anni novanta, mutato dal punto di vista economico e sociale e nella percezione "delle pratiche di ricerca letteraria e artistica e saggistica". Ma è la lettura di Tommaso Di Brango del celebre sonetto "Guido, i' vorrei che tu e Lapo" ad imprimere una traccia diversa alle pagine nell'intento di "evidenziare i principali nodi problematici del testo dantesco per riformularli in chiave divulgativa". La prima parte- come da avvertenza- si concentra"sul rapporto tra questo componimento e i generi letterari del suo tempo", nella seconda e terza parte sulle "asperità" di quartine e terzine. Sono pagine che vivamente consigliamo prima di dedicarci all'analisi di De Napoli di due saggi di Rocco Salerno sulla poesia e la figura di Dario Bellezza (L'emblema casto del passato. In memoria di Dario Bellezza, Edizioni Confronti, Fondi 2017, e Utopia della speranza nella poesia di Dario Bellezza, Edizioni del Giano, 1994) in cui il poeta calabrese a Roma dal periodo della sua conoscenza con Bellezza ha innalzato negli anni una memoria critica e di vita importante dell'amico. Poeta ricorda De Napoli "dilaniato dalla fascinosa, impari sfida lanciata all'assurdo naturale, al male di vivere, alla natura matrigna" entro però quelle rivoluzionare armi del linguaggio come sottolineato da Salerno, al contempo "strumenti- di difesa e d'offesa"ed "epici, niente affatto innocui". Passando all'edizione del premio De Libero 2017 ancora De Napoli soffermandosi su La luce di assai buon'ora di Gerardo Vacana, l'opera vincitrice, ricorda del poeta di Gallinaro il carattere "metafisico" di poesia criptata ma incisiva e piena entro quel carattere che da ragazzo lo colpì (e poi pienamente confermato) entro "un andamento sì levigato e scarno, dolente e risentito ma pacato, dove lo smarrimento e il disincanto- incapaci di precipitare nell'irritazione e nello sdegno- si palesavano in forma di carezza e di pietas umana". A proposito di omaggi è Antonio Risi a dare voce a quello di Amerigo Iannacone, poeta ed editore molisano tragicamente scomparso nel 2017 di cui si rammentano (partendo proprio dal volume di ricordi Iannacone stesso C'ero anch'io- Un'autobiografia o quasi , 2017) le Edizioni Eva, "La Flugfolio", rivista di informazione letteraria fondata e diretta per più di trent'anni, i numerosi riconoscimenti conseguiti ma soprattutto il concetto della cultura come bellezza partecipazione e memoria sempre perseguita con instancabile e ammirevole fermezza. A chiudere quindi l'attenzione critica è il direttore stesso che nella sezione "Il libro ritrovato" ci introduce a Le betulle nane di Evgenij A.Evtusenko (libro del 1974 che uscì in Italia per la Mondadori con l'introduzione di Pier Paolo Pasolini). De Napoli, che ebbe la ventura di conoscere e frequentare il poeta russo, celebra la figura e la poesia di Evtusenko in un'analisi dettagliatissima delineando il ritratto di un artista che "capace di metafore sottili e pregnanti- non soltanto di quel realismo franco e aperto che tutti gli riconoscono-, ribadì in svariate occasioni la sua ansia di abbattere qualsiasi steccato od ostacolo, sia materiale che ideologico". La rivista avvicinandosi al termine ci presenta le tre poesie finaliste della Biennale di Poesia "Succisa Virescit" organizzata dalla rivista e in attesa del risultato definitivo. Sono di Tommaso Lisi, Evelina Pascucci, a cui va la nostra preferenza, e Giovanni Tavcar. Infine prima della rubrica "La pagina di Rocco Scotellaro" (con la poesia: "Che fiato mai avrò ancora") e della segnalazione di altre riviste, ecco la nutrita schiera di recensioni tra le quali si sottolineano quella di Antonio Risi a Salmi metropolitani di Michele Brancale (Edizioni del leone, 2019) e quella di Francesco De Napoli a Canti della tartaruga di Daniele Giancane (Edizioni Eva, 2016).

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